E’ ufficiale: il fotografo non fa più solo fotografie, occupandosi, inoltre, di tutto quello che queste fotografie faranno per lui (dargli da mangiare, tra le tante altre cose). No: nell’era dell’ i-pad, dei contenuti interattivi sui siti, della stampa in crisi, e della totale cessione del diritto di accesso al mercato, e dei margini di profitto, a Steve Jobs, il fotografo deve svegliarsi, fare altro. Il mercato cambia, non ci sono più soldi per i reportage o per pagare le foto, e, signore mio, dobbiamo trovare altri modi di raggiungere i lettori, e di spremere i gonzi con una macchina fotografica.

Fare un giro presso i foto editors milanesi, di questi tempi, è come ascoltare un mantra. Prima, la parte sui costi tagliati e sull’impossibilità di produrre reportage (hanno anche ragione: le politiche editoriali degli ultimi tempi potrebbero essere chiamate “Giornali: Ma perché non possiamo tornare a 30 anni fa?”. Con, in più, il sospetto che molti stiano usando la scusa della crisi per fare pulizia, e licenziare e tagliare anche quando non ce ne sarebbe bisogno). Poi, la richiesta di “personalità creative ed eclettiche” in grado di produrre foto, testo, video, e magari di portare un caffé macchiato caldo al direttore.

Non che ci sia qualcosa di male nel fotografo-videografo. Anzi, la comunicazione si è data una bella sveglia, con i contenuti audiovisivi. Guardate, per esempio, cosa combinano a Mediastorm: eccezionali. Ma ho il – ehm – sospetto che ai giornali italiani, di innovare e di catturare nuovi lettori con contenuti innovativi, non gliene freghi niente. A loro interessa solo tagliare le spese, e accodarsi, in modo raffazzonato e giocando di rimessa, a una tendenza che è ormai globale. E, per tagliare le spese, preferiscono ovviamente una persona che fa video e foto contemporaneamente. Magari infischiandosene della qualità finale, o del fatto che il fotografo, per alzare la qualità del lavoro, deve assumere qualcun altro (un montatore, per dire), o occuparsi di troppe cose contemporaneamente.

Ora: per quanto ci piaccia credere il contrario, e per quanto abbiano molte zone di contiguità, i mestieri di fotografo e quello di videografo sono diversi. Uno è in cerca di certe cose, uno di altre. Certo, un fotografo, soprattutto se navigato, sarà in grado di fare video di qualità dignitosa, e viceversa. Ma, ehi, è di questo allora che stiamo parlando? Di accontentarci? E se dovevamo accontentarci, perché non facevamo girare i video direttamente agli sconosciuti? Tanto già nel mondo della fotografia succede, che si pubblichino immagini di gente che il fotogiornalismo lo avrà visto si e no col binocolo, che non garantisce nessuna copertura completa dei fatti, e che insomma non lavora in modo professionale. E succede proprio per abbassare i costi. Perché non fare lo stesso con i video? (possibile risposta: in realtà già lo si fa, vedi per esempio i pregevoli video scaricati da youtube e pubblicati su testate online e telegiornali serali).

Ho sempre sentito lamentele, da parte dei fotografi, sui loro colleghi che usano la penna, e che scattano immagini con il telefonino per fare risparmiare ai giornali. E perché dovrebbe essere diverso per i videomaker, adesso? E, per di più: perché a rischiare, a tentare nuovi approcci, anche economici, e a mettersi in discussione non devono mai essere i giornali?

(grazie a Vittorio Zambardino e al suo Blog, che ho sacchegg…. ehm….. letto per trarre spunto sui mercati dell’informazione, e su come reagiscono i giornali).

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