….ed essere sicuri di essere applauditi dalla propria mamma. E’ estate, e tra un pò, con il mese di agosto, arriveranno i turisti, il caldo che incoraggia il consumismo marittimo, e qualche festival fotografico.
Nei festival di agosto, di solito organizzati da volenterose, e onorevolissime, associazioni culturali, torme di foto – amatori manderanno le proprie foto tutte uguali con pretese artistiche inversamente proporzionali all’originalità. O, quantomeno, alla ricerca dell’originalità. Tramonti, campi di grano, contadini sudati, maschere del Carnevale di Venezia e gli immancabili dettagli scandiscono la cultura visiva di un paese, il nostro, che è pieno di solisti e di fotografi artisti quotatissimi nel mercato fotografico del tinello di casa.
Ma, si sa, la competizione nel mondo fotografico è spietata, e nel mondo amatoriale è addirittura feroce. Come fare dunque ad assicurarsi l’apparizione nell’ambita mostra della Proloco di Pizzighettone di Sotto? Basta seguire le 10 regole base per un perfetto scatto da mostra fotografica. Seguendole, il fotoamatore più furbo si assicurerà l’apparizione nella mostra, applausi e gloria imperitura.
Le regole:
- Un tramonto è arte. Chi fa una foto di tramonto, per postulato, è un artista, e non sta facendo la stessa foto di tramonto per la decimilionesima volta;
- Se le tue foto non sono buone, non eri abbastanza vicino. Dunque, riempi la tua selezione di dettagli, possibilmente in cui non si capisca bene che cosa si sta guardando, se non dopo venti secondi di osservazione linea a linea;
- Sistematicità e organicità sono la morte dell’impeto artistico. Meglio quindi presentare selezioni il più assortite possibile. Una ventina di foto a colori con altrettanti soggetti, un paio di bianco e neri effetto seppia, e cinquanta versioni diverse dello stesso scatto reinterpretato ad libitum in sedute mensili di Photoshop, andranno bene. Sono graditissime, e innalzano il valore dell’Opera, quelle versioni che hanno causato il divorzio del fotografo a causa del troppo tempo passato al computer, trascurando i propri doveri coniugali;
- Il bianco e nero, si sa, è più artistico e bello. Presentare delle foto in bianco e nero è di per se sinonimo di successo. Dunque, perché occuparsi di banalità come i soggetti, la composizione, la luce o (orrore!) la messa in sequenza? Abbondare di contrasto in Photoshop dopo aver messo in scala di grigi. Sono fortemente incoraggiati effetti misti, tipo foto in bianco e nero con mazzo di rose a colori;
- i soggetti esotici sono belli di per sé. Abbondare con ritratti di bambini neri, possibilmente con lo sguardo affamato e un pò dubbioso di fronte al teleobiettivo da 5000 euro. Infilare anche decine di foto mal composte di animali africani: in fondo, quello che ha suscitato l’invidia degli amici DEVE per forza funzionare anche in una mostra fotografica, no?
- La didascalia non serve mai, la mettono solo i pedanti. Se proprio bisogna metterla, sia più vaga possibile. Evitare ogni contestualizzazione e informazione che sia utile alla comprensione della foto; se viene fatta notare l’assenza di informazioni, uscire la boa di salvataggio, “la foto deve parlare di per sé”, dimostrando al tempo stesso sicumera e una cultura fotografica che si è fermata agli anni ’80. Dell’ottocento. Abbondare con titoli vaghi, come “Assenza” sotto la fotografia fuori fuoco di un gabbiano.
- Il vero fotografo mette i dati tecnici nella didascalia. Sotto l’immagine di una donna africana che chiede l’elemosina, scrivere “La cattiveria dell’Uomo. Canon 5D con obiettivo turbodiesel, 1/200 f/5,6, WB tungsten, treppiedi”.
- Meno si vedono le ombre, meglio è. Chiudere tutti i neri. Fa arte.
- Abbondare con il mosso.
- Scegliere soggetti il più convenzionali possibile, fatti apposta per piacere alle persone. Evitare la ricerca fotografica, preferirle quella a parole. Infarcire dei termini “personale”, “intimo” e “concreto” il testo di presentazione. L’ideale sarebbe presentarsi come il classico Artista che tira fuori tutta la sua sensibilità nel mostrarci la stessa foto che abbiamo visto già centinaia di volte in altre occasioni.
C’è anche la regola 10bis. Se fai la stessa foto degli altri, sei un amatore. Se ripeti te stesso per venti anni, sei un professionista.
L’articolo è sarcastico e simpatico, ma anche scontato. Sono 20 anni che i professionisti prendono per il culo “fotografi” dilettanti che magari investono un po’ dei loro soldi in macchine fotografiche invece di comprarsi un SUV che inquina come una petroliera bucata. E’ sicuramente il mio ritratto di foto-amatore e di amante dei gadget più o meno costodi. Meno male che c’è sta gente. Così si possono fare i workshop (più o meno seri) e far sperare a chi non ha talento e occhio, di “giocare” a fare il fotografo. Comunque critica azzeccata, Complimenti
FIlippo
Scusami ma tra tutto quello che leggo c’è una frase che non capisco…
… “se viene fatta notare l’assenza di informazioni, uscire la boa di salvataggio” …
Mi spiegheresti gentilmente che vuoi dire?
Grazie!
@Filippo: grassie. In verità, il finale era inteso a prendere per il culo i professionisti, che si comportano in identico modo, ma hanno la pretesa di essere migliori solo perché vengono pagati per vendere foto banali. Il discorso comunque è più complesso, magari ci dedicherò un altro post. Perché se è vero che i fotoamatori mantengono una fetta enorme di industria fotografica, è vero anche che questa non può essere una scusa per fermarsi e rimanere banali, e al tempo stesso spacciarsi da artisti (c’è chi lo fa, e i bersagli della mia critica erano soprattutto questi palloni gonfiati).
@riccardo: la boa di salvataggio è dopo la virgola, “la foto deve parlare di per sé”. Io credo che sia vero, ma che le foto la didascalia debbano averla (anche se solo per informarmi che una foto è “senza titolo”).
Il mio commento era più per il grave errore grammaticale e non per il senso della frase. Ma lasciamo perdere, tanto per fare belle foto non serve conoscere la lingua italiana… o forse no?
@ riccardo: non lo so se serve conoscere la lingua italiana per fare belle foto. Sicuramente, però, va conosciuta per argomentare le affermazioni che si gettano nel mucchio.
Ah, a proposito di errori grammaticali. Mi pare di ricordare che quando si costruisce una frase con il comparativo, è corretto usare “più/che”. “Più/e” non è proprio una costruzione elegante, per uno che sventola la matita rossa e blu senza nemmeno essersi presentato.
Ho apprezzato il tuo articolo, ne ho letti pochi in rete di così crudi e onesti. Apprezzo la tua fotografia, sono siciliano e conosco quei colori e quelle facce (purtroppo).
La mia precisazione riguardava l’uso di un verbo intransitivo come se fosse transitivo. Parlo del verbo “uscire”. E’ un errore grave e molto comune, ma nonostante questo le tue foto mi piacciono lo stesso.
Scrivi in un blog, che libero per quanto possa essere dovrebbe avere comunque un certo livello.
Se dovessi comprare un libro e trovare un errore del genere scriverei all’editore, se dovessi leggere un blog e trovare un errore del genere scriverei al blogger e così ho fatto.
Non è un’ accusa, ma solo una critica spero costruttiva.
Con simpatia, un collega.
Ciao Antonio, Grazie per la risposta garbata e intelligente. Allora depongo le armi della polemica perchè vuol dire che sei uno Ok, avevo interpretato male la cosa e me ne scuso. Infatti il mio lavoro è un altro (anche se in realtà la mia azienda sta per fallire e sono senza stipendio da 2 mesi) e la fotografia rimane il mio hobby creativo, o preteso tale. Fare il professionista è ben altra cosa, che va al di là da avere l’ultima novità nel fatto di tecnologie e otttiche.
Grazie ancora e buon lavoro di cuore.
Filippo Picinni Leopardi
una volta mi dissero che un fotoamatore nell’arco della sua vita e probabile che abbia un portfolio anche piu bello di un professionista (probabile ma quasi impossibile, ma accettiamo l’eventualita) il professionista invece crea la foto giusta in base alle richieste dell’acquirente o del mercato, senza aspettare il momento propizio per fare un bello scatto, questa e professione.