Quando andrete via da Orgosolo, avevo letto, avrete gli occhi stanchi. Dallo stesso momento in cui arriverete, sarà una stimolazione continua, un continuo inseguirvi di colori e messaggi.
Quest’estate mi trovavo nella zona di Orgosolo, ed ho deciso, su suggerimento della mia ragazza, di andare a visitare il paese della Barbagia. Prima di allora non ne avevo mai sentito parlare, e credo sia anche per questo che ci sono andato abbastanza tranquillo: ho scoperto in seguito che Orgosolo ha una cattiva fama (non so quanto meritata, oggi), per quel che riguarda il banditismo e la criminalità, ed ogni volta che dicevo a qualche sardo di essere stato a Orgosolo, quello sbarrava gli occhi, chiedendomi che cosa ci fossi andato a fare, di grazia. La risposta a vedere i murales spesso non era soddisfacente. Ma questo l’ho capito da subito, dal momento stesso in cui ho messo piede in paese. Orgosolo ha l’aspetto, e la fama, di quella che una volta era Corleone per i Siciliani. Le due situazioni sono imparagonabili, ovviamente, per tanti motivi. Ma non per la reazione che suscita l’idea di una visita nei corregionali.
Quando sono arrivato il panorama era quello, a cui sono abituato – fin troppo – di una città della profonda provincia italiana. Le case senza prospetto, il silenzio, la dimensione ristretta che si annuncia fin da subito dallo sguardo delle persone sedute al bar. Il panorama qui è nobile, impervio e duro, il Supramonte si staglia come un bastione, e Orgosolo riflette bene tutte queste caratteristiche. In più, qui ci sono i segni, diventati comuni – troppo – in Italia, dell’eccessiva separazione della provincia rispetto al resto del paese. Scarsa pianificazione urbanistica, e un generale livellamento verso il basso dell’economia, testimoniato dalla scarsità di iniziative pubblicizzate. I segni di una stagnazione, per chi vuole coglierli, ci sono tutti.
Ma prima ancora di vedere tutto questo, il paese si annuncia attraverso i suoi murales. Tanti, più di 150 secondo qualche scrittore della zona, e di argomenti politico – sociali. Passeggiando per le vie di Orgosolo, si ha l’impressione di fare un ripasso della storia recente, italiana e mondiale, sotto forma di pittura murale. Un ripasso che può avere percorsi imprevedibili e del tutto personali, tanti quanti sono i modi di percorrere le vie del paese. Può capitare di trovare Guernica accanto alle due torri gemelle, e poi di passare accanto a Neruda, a Carlo Giuliani, ed approdare a un ritratto di un bandito, per poi tornare all’occupazione delle terre in Sardegna, o al rispetto dell’ambiente. Sembra esserci un termometro sensibile, a Orgosolo, per i fatti che rimangono impressi nella memoria pubblica.
Camminando per le vie del paese, si ha spesso l’impressione di essere finiti in una grossa contraddizione. Il panorama somiglia molto, come ho detto, a quello di tante province italiane. Cemento grezzo, silenzi eloquenti quando passeggi per strada. Eppure, proprio questo luogo produce una delle forme più belle di muralismo e di espressione (secondo me, autenticamente popolare) che abbia mai visto in Italia. Un movimento di murales è qualcosa che ci si aspetta in qualche quartiere di una grande città, in una zona di Berlino per esempio, in cui è facile trovare gente in grado di esprimersi in questo modo, e dove si può anche trovare il giusto ambiente per esprimersi. Invece, a Orgosolo il sentimento comune ha scelto di esprimersi attraverso le immagini, pitture disegnate sui muri del paese, che in questo modo si assume, per così dire, la responsabilità di quello che il murales esprime. Il murale viene realizzato da un artista (previo un accordo con il proprietario del muro), ma poi è tutto il paese ad “adottarlo”.
Un ripasso di storia e idee importanti. E’ istruttivo che i muralisti di Orgosolo abbiano scelto proprio le immagini, per raccontarlo. Come se fossero consapevoli che le immagini sono un modo più efficace delle parole e di ogni altro discorso, per sintetizzare il senso comune degli orgolesi. Le immagini compaiono sul muro, e in quel modo prese di posizione, opinioni e proclami parolai fanno un passo indietro. Le immagini diventano rappresentanti di ogni orgolese.
Si va via da Orgosolo con la sensazione di avere la testa piena, satura, in un continuo rimando tra i murales e le situazioni reali che li hanno ispirati. Ammiro molto questa città che ha trovato questo modo, silenzioso ma fiero e incisivo, di comunicare il proprio modo di pensare. Ci ricorda che il dialogo non è mai qualcosa di codificato in formule, scritto nella pietra, e che in qualsiasi momento possono nascere modi imprevedibili di espressione popolare.