Faccio thai boxe da due anni, con parecchi allenamenti settimanali e conseguenti dolori alle gambe, alle braccia, al viso. All’inizio ero entrato in questa palestra solo per fare pugilato, volevo imparare a prendere a pugni un sacco. Poi il maestro ha iniziato a farmi dare qualche calcio, e mi è piaciuto. In due anni ho saltato pochissime lezioni, segno, per uno volubile come me, che qualcosa mi ha preso. La cosa bella è che ancora non saprei spiegare di preciso cosa. Ci ho provato diverse volte, e il risultato è il giro di parole che si avvicina al bersaglio, ma non lo centra. Ha a che fare con la disciplina, credo, ma anche con l’arte marziale, con il non avere formule esatte ma solo mezzi da interpretare secondo la propria personalità e preparazione. Somiglia tantissimo allo scrivere, e forse non è un caso che, insieme alla thai boxe, è cresciuto anche il tempo che passo scrivendo.

Questa mattina ho fatto il mio primo sparring serio, il che vuol dire niente freni, solo legnate. Le ho prese e le ho date, come capita spesso. Ma non è questo l’importante. Pensavo, mentre stavo tornando a casa, che non mi faccio problemi a salire sul ring con uno più grande di me, mentre su altre cose sono letteralmente bloccato dalla paura. Anzi, non è vero che non mi faccio problemi ad andare sul ring: sono, com’è giusto che sia, nervoso, ma non mi tirerei certo indietro. Invece, in altre cose sono proprio bloccato. Da una settimana, per dire, dovrei telefonare a un certo editore di fumetti, semplicemente per chiedere specifiche sui materiali da mandare. Ho un soggetto pronto, ma vorrei un indirizzo mail a cui mandarlo, e capire se è il caso di inserire altre cose. Semplice, no? No. Pugni al viso e pedate al fegato, sì. Alzare il telefono e parlare con una persona che non ho mai visto, e che con tutta probabilità sarà molto cortese, neanche morto.

Dovrò convincermi ad affrontare le cose allo stesso modo, però. Fare queste telefonate, parlare con queste persone, non è più opzionale. Ne va, semplicemente, del futuro. Sembra una stupidaggine, messa così, ma questa è un’altra delle cose che ho imparato in due anni di thai boxe: non è che ci siano cose complicate, sono proprio quelle semplici a funzionare, o a spedirti a tappeto.

Leggo: L’Ingenuità della rete, di Evgeny Morozov

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