Sono successe due cose importanti nel mondo, ieri. Un aereo è stato abbattuto sui cieli dell’Ucraina, un Boeing diretto a Kuala Lumpur tirato giù da un missile terra aria, sparato non si sa bene da chi. Nel pomeriggio, Israele ha invaso di nuovo la striscia di Gaza.
Le due cose non sono legate, se non dalla corrente sotterranea che mi sembra stia attraversando il mondo in questo momento. Un ritorno prepotente della geopolitica, del mondo al di fuori dei nostri gretti e provinciali confini di occidentali ricchi, che criticano – esempio – gli israeliani perché guardano i bombardamenti in televisione. Geniale: critichiamo gli israeliani perché si comportano esattamente come noi. Il mondo sta bussando alla nostra porta e lo fa da tempo, attraverso flussi migratori e guerre che ci riguardano sempre più in prima persona, eppure la nostra reazione è sempre la stessa, l’anestetizzazione attraverso dosi massiccie di pattumiera televisiva con cui convincerci che in fondo quello che succede da un’altra parte non riguarda davvero noi, che ci penserà qualcun altro, e che noi abbiamo ben altre cose da risolvere.
Il mondo globale è questo. Quello che succede a un Palestinese a Gaza, a un Israeliano a Tel Aviv, a un olandese su un boeing diretto a Kuala Lumpur tirato giù da un missile di nazionalità ancora sconosciuta, è tutta merda che ci riguarda. I nostri commerci, gli scambi di persone e culture, le decisioni che prendiamo o che deleghiamo altri a prendere hanno influenze dirette su quello che succede a qualcun altro nel mondo. Per questo mi cadono le braccia quando vedo comportamenti arrendevole, come se fossimo impotenti e non avessimo possibilità di cambiare le cose. Giorni fa Federica Mogherini, ministro degli esteri italiano, si è prodotta in una dichiarazione che, sfrondata della pessima sintassi standard a cui chiunque faccia politica si sente obbligato, diceva sostanzialmente che il ministro è una madre, e che per questo capisce cosa sta succedendo a Gaza e sarebbe meglio per tutti fermarsi. Complimenti. Ci voleva un ministro degli esteri per una posizione del genere. Sulla posizione della diplomazia italiana a Israele, su come il governo italiano veda il governo di Hamas, su quali negoziati si sono aperti, si possono aprire, si ha intenzione di aprire, su quali canali con l’ambasciata israeliana, su quali mediazioni per chiedere una tregua, sempre chiesta ma non si sa sulla base di cosa, non è pervenuto nulla.
Sull’Ucraina, stessa cosa. Non ci si aspetta che il governo italiano, e il ceto che ama definirsi intellettuale, prenda una posizione netta su un atto di guerra come l’abbattimento del boeing. Le notizie sono ancora confuse, nessuno sa bene cosa sia successo. Però. Però però però. Qui stiamo riscuotendo quello che abbiamo seminato in anni di smargiasserie con poca sostanza alle spalle, di mancanza di spina dorsale che questo governo, invece che rimediare, sta portando a livelli più avanzati. Ora non c’è più un tizio che fa finta di essere uno dei grandi della terra quando in realtà la sua strategia è dare pacche sulle spalle. Ora c’è uno, circondato da altre nullità come lui, convinto che la politica estera sia come uno scambio di tweet in lingua inglese. Mettiamo in fila qualche episodio: scoppia una guerra in Ucraina dalle conseguenze potenzialmente disastrose per l’Italia, e il governo italiano balbetta cose insignificanti sulla difficoltà di capire quali sono le forze in campo. Cambia regime, e ancora non si capisce da che parte stia l’Italia, non lo sanno nemmeno quelli che dovrebbero decidere in tal senso (posso aiutare io il Governo: stiamo dalla parte della Russia, come da dieci anni a questa parte. A meno che a un certo punto i ribelli non comincino a vincere, e allora l’Italia si produrrebbe in un altro dei voltafaccia riconosciuti giustamente come suo marchio di fabbrica in politica estera). Uccidono Andy Rocchelli, un fotoreporter italiano, e a parte le frasi di circostanza non si sa più niente e nessuno sembra essere interessato a capire chi lo abbia ucciso e perché. Se fossi un complottista direi che puzza di insabbiamento, ma purtroppo mi limito a guardare i fatti, e a concludere che chi sta governando è del tutto inadatto a gestire questa crisi geopolitica. Il che ci porta al boeing precipitato. La presidenza dell’Unione Europea – toh! È il turno dell’Italia. Non ce lo avevano mai detto in questi mesi – ha niente da dire a proposito di una guerra sui suoi confini che mette a rischio lo spazio aereo attraversato da migliaia di suoi velivoli commerciali, merci e cittadini?
Magari Renzi sta cercando il modo per infiocchettare una presentazione smart e dirci che grazie alle nuove tecnologie risolverà i problemi internazionali. Manda un tweet se vedi un missile sparato sul tuo aereo, o metti un like di indignazione sulla petizione italiana per colorare di giallo i carri armati israeliani (e di rosa i razzi di Hamas). Il che sarebbe l’ennesima confermaa della sua incapacità, del suo essere semplicemente un bullo che non le ha mai prese e continua a fare il bullo. Piacerebbe avere risposte, dal Presidente del Consiglio, e una visione. Cosa intende fare con l’avanzata sempre più sfacciata di un nuovo tipo di totalitarismo, anche nel cuore dell’Europa? Come intende, se intende, contrastarlo?
Dalle risposte che si daranno dipenderanno gli anni a venire. Si può scegliere di intervenire attivamente e di promuovere per quanto possibile la democrazia. O si può raccontare la storiella che non siamo in grado di intervenire su cose che sono più grandi di noi. Il che ci darebbe la conferma di essere governati da gente inadatta, che dovrebbe lasciare il posto a persone più preparate e con più fegato a prendere posizione su quello che sta succedendo nel mondo.
Ascolto: un sacco di musica punk.