Abbiamo guardato l’Europa sgretolarsi, negli ultimi mesi. La crisi sui migranti, il referendum per l’uscita della Gran Bretagna, l’insofferenza degli stati a est ai regolamenti a cui loro stessi hanno scelto di aderire sono tutti colpi all’Unione Europea. L’idea che possa esserci, al di là delle differenze statali e dei diversi sistemi di potere, un’azione politica ed economica comune in tutto il continente europeo sembra oggi illusoria e persino pericolosa, dato che diverse forze politiche attribuiscono proprio all’Unione Europea la responsabilità della crisi del mondo occidentale. Invece è proprio oggi che bisogna rendere più forte l’Unione, superare le piccolezze nazionali che l’hanno tenuta finora al guinzaglio e l’hanno trasformata in un covo di burocrati inefficienti e manovrabili. L’obiettivo di qualsiasi onesto cittadino europeo dovrebbe essere una federazione di rappresentanti eletti che attuano una politica estera, economica e militare comune a tutti gli stati, e più tempo tardiamo a rivendicare questo obiettivo, più facciamo in modo che vincano i populisti.

Una sfida difficile, soprattutto oggi. Da anni nelle teste delle opinioni pubbliche l’UE è diventata un organismo che soffoca, con i suoi divieti, qualsiasi possibilità di crescere e uscire dal pantano economico. L’impressione può essere corretta, dato che le strutture intergovernative in anni recenti sono state usate da alcuni governi (senza fare nomi, la Germania) per imporre ad altri le proprie convinzioni e i propri modelli economici. Altri stati (sempre per non fare nomi, l’Italia) hanno approfittato di quelle che venivano chiamate ingerenze, ma che in realtà erano cessioni di sovranità che erano state accettate liberamente, per attribuire all’Europa la propria inadeguatezza e l’incapacità congenita a risolvere problemi e ad assumersi delle responsabilità. Se il debito pubblico italiano sta strangolando le sue generazioni più giovani non è per colpa dell’Europa, ma unicamente dell’incompetenza dei governanti italiani e, non meno importante, dell’irresponsabilità dei cittadini italiani che per anni hanno vissuto al di sopra delle possibilità e ora non vogliono pagarne il conto. Di conseguenza ogni cosa è stata attribuita all’Europa e ai suoi burocrati, che, riparati dietro un processo decisionale barocco, spesso danno l’impressione di prendere decisioni non per il bene dei cittadini europei ma per favorire le lobby finanziarie, le vere detentrici del potere. In un mondo in cui gli stati nazionali non riescono più a tenere testa allo strapotere della finanza globale, l’Europa è stata vista, spesso a ragione ma altrettanto spesso a torto, come il gendarme della finanza, totalmente dedita ad arrestare qualsiasi iniziativa degli stati di riprendere il controllo sull’economia e di favorire gli interessi dei cittadini.

In uno scenario del genere il miracolo è che una cosa come Brexit non sia arrivata prima. Attribuire la responsabilità dei propri problemi interni all’Unione Europea, che penalizzerebbe l’economia e incoraggerebbe la libera circolazione dei migranti, è una tentazione troppo grande anche per il meno populista dei politici in circolazione, e in questo momento ci sono pochi statisti in giro e troppi cialtroni in abito che non vedono l’ora di dire a un ceto medio sempre più spaventato esattamente quello che vuole sentirsi dire. La colpa dei vostri problemi è degli immigrati. Dei burocrati di Bruxelles. Delle lobby. Di chiunque tranne che del sistema di cui voi stessi vi siete avvantaggiati fino ad oggi e che ora ha cambiato direzione, come una marea, e cerca di risucchiarvi in un gorgo invece di limitarsi a rinfrescarvi i piedini.

Fino a poco tempo fa in Italia eravamo convinti che solo il ceto medio italiano, con la sua cultura innamorata delle soluzioni autoritarie, avesse dei rigurgiti di nostalgia per il periodo in cui i più deboli facevano i maggiori sacrifici e in sovrappiù venivano convinti a non lamentarsi a suon di manganellate. Ora apprendiamo che anche opinioni pubbliche più “illuminate” come quella inglese, quella francese e quella tedesca tendono a dare la colpa a chi è più povero o scuro di pelle e a cercare soluzioni che hanno il pregio di lasciare tutto esattamente com’è, brutalizzando le fasce sociali più deboli. La ricerca di un nemico esterno e di soluzioni che esibiscano il più possibile il carattere nazionale, che qui in italia si riassume nello slogan “prima gli italiani” e in tutta la paccottiglia ideologica da bar sport che lo accompagna, sono ben più di coliche nella pancia di una nazione. Sono un fascismo in fase nascente, che non si è organizzato in squadracce ma ha gli stessi presupposti prevaricatori, totalitari e autarchici. L’ossessione per il nemico esterno, europeo, liberale o musulmano, deriva dalla convinzione che solo gli italiani purosangue, maschi bianchi cattolici e di destra, abbiano diritto alla cittadinanza. Tutti gli altri sono parassiti da eliminare.

Oggi che le forze della distruzione della democrazia liberale stanno tornando a uscire dal sottosuolo in cui erano state relegate, chi pensa che libertà, democrazia e diritti siano più che parole ma siano ciò che dà senso a una vita dovrebbe battersi per avere più unione nell’Europa, una maggiore presenza a livello sia locale che federale delle istituzioni europee e una maggiore cessione di sovranità. Il bersaglio di questi fascisti da farsa è l’Europa perché è un ostacolo alle loro pretese di controllare i bassi umori del popolo, e noi dovremmo rafforzare, invece, un governo fatto di razionalità, di diritto semplice e certo, di rispetto dei diritti umani. È una lotta analoga a quella che i nostri avi poco più che ventenni affrontarono per riunificare l’Italia. I motivi sono simili. Bisogna superare la superstizione e gli interessi particolari di pochi governanti e ricchi aristocratici per abbracciare un bene più grande, quello dei popoli di tutta Europa. Solo uniti, e con un governo federale, si può arrivare a questo scopo. È il nostro momento. Non facciamolo passare.

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