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Un’intervista “fantascientifica”, un accordo per la Siria e un nuovo piano di pace per Israele e Palestina. Gli avvenimenti di questa settimana segnalano tutti la nascita di un nuovo equilibrio, da cui uscirà fuori il medio oriente di domani, e che vede sempre più protagonisti Israele, l’Arabia Saudita e l’Iran, con alle spalle le due superpotenze. All’interno di questa cornice si può capire meglio la vicenda delle dimissioni del primo ministro libanese Hariri e del suo mancato ritorno a Beirut, che si è arricchita di altri tasselli misteriosi. Sabato Hariri è arrivato a Parigi su invito di Emmanuel Macron, ma ancora oggi nessuno sa dire quanto sia libero, sia fisicamente che politicamente.

Il giallo del primo ministro libanese
Domenica sera, poco dopo aver spedito l’ultimo numero della newsletter, Saad Hariri è stato intervistato per un’ora da una giornalista di Future Tv, vicina al suo movimento politico Futuro. La trasmissione doveva servire soprattutto a rassicurare i libanesi, preoccupati che Hariri fosse tenuto agli arresti dalla monarchia saudita. Hariri ha detto che sarebbe tornato in Libano “nel giro di qualche giorno”, ma diverse cose, di quella trasmissione, erano piuttosto strane.

Hariri sembrava stanco e affaticato, e ha chiuso l’intervista dicendo di essere stato spossato dall’intervistatrice. La quale ha fatto di tutto per convincere gli spettatori che l’intervista fosse in diretta, citando notizie appena arrivate come quella sul terremoto al confine tra Iran e Iraq. In più, il primo ministro guardava spesso alla sua destra, come se qualcuno gli stesse suggerendo cosa dire, e infatti a un certo punto della trasmissione è spuntato, dietro la sua intervistatrice, un uomo con un rotolo di carta in mano. Subito dopo l’intervista, l’ufficio di Hariri ha detto che quell’uomo era un membro dello staff del primo ministro.

Chi è questo tizio sullo sfondo?

Con il passare dei giorni sono successe altre cose che hanno fatto dubitare ancora di più dello stato di effettiva libertà di Hariri. Il premier non è tornato a Beirut, e sul suo profilo Twitter, forse per giustificare il ritardo, sono comparsi due tweet in cui diceva di stare bene e che sarebbe tornato “presto” in Libano. Poi, mercoledì, il presidente del Libano Michel Aoun ha dichiarato che, data la sua assenza prolungata, considerava quella di Hariri una detenzione illegale da parte saudita, aggiungendo che anche la famiglia del primo ministro libanese era tenuta agli arresti. Quasi per aggiungere altra benzina, Aoun ha citato un tweet anonimo, secondo cui a tenere in custodia Hariri non sarebbero le forze di sicurezza saudite ma personale della Blackwater, agenzia privata di sicurezza. La notizia non è stata provata e ha tutta l’aria di essere una bufala, ma il fatto che il presidente libanese sia stato disposto a citarla dimostra quanta sia alta la tensione nella zona, e quanto l’atmosfera a Beirut stia diventando paranoica.
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