Il cambiamento climatico non è roba da ragazzini, e questo dovrebbe essere pacifico per chiunque abbia chiaro che le cose complicate non si risolvono a colpi di martello, metaforico o meno. La novità di questi mesi, e poi giorni, intensi, è che grazie all’attivismo di una ragazza svedese il tema del riscaldamento globale e della salvaguardia del pianeta è stato preso e rivendicato da milioni di giovani, scesi in piazza con tanto di applauso dei genitori e autorizzazione ministeriale a saltare la scuola. Il retropensiero, neanche tanto retro visto che è sbattuto in faccia a chiunque alzi una mano per dire di essere meno che entusiasta per le manifestazioni, è che ormai gli adulti, con la nostra perdizione e dannazione, abbiamo fritto troppe volte le risorse e abbiamo usato troppe volte l’olio, e che adesso dovremmo farci da parte e fare spazio a loro, a quelli che erediteranno il pianeta. Il futuro è loro, noi dovremmo solo ascoltarli.

Poi arriva la solita contraddizione. Nel momento in cui li prendi davvero sul serio, i ragazzi, e ascolti quello che dicono, noti che in effetti sono potentissimi con i simboli e i principi ma dopo questa concessione quasi ovvia sul piano delle proposte hanno pochino, giusto qualche proiezione su cosa si possa e non si possa fare e un vago senso dell’orientamento sulla direzione da tenere. Sono ragazzi in tutto e per tutto, come altri di altre epoche, ed è giusto così. Così com’è giusto che i più grandi, con un po’ di condiscendenza, ne parlino.

Normale a dirsi, intorno ai discorsi sulle manifestazioni c’è una specie di cordone di non più ragazzini, che per dirla come in una riunione di attivisti fanno presidio, ovvero usano qualsiasi argomento, onesto o disonesto, per impedire che su quello che si sta facendo in tutto il mondo per la conferenza del clima si riesca ad avere una posizione pensata, onesta, laica, non partigiana. Come tirare una moneta: testa, sei con Greta e tutti quelli che la circondano, persone e idee. Croce, sei dall’altra parte. Non puoi prendere qualcosa da una parte e qualcosa dall’altra. Stai di qua o di là.

Il cortocircuito è lì, uguale tutte le volte eppure impossibile da vedere se non si è disposti. Ovvio che Greta Thunberg non è solo sé stessa, rappresenta qualcosa, e se è passata al setaccio in questo momento è proprio per questa rappresentazione che si porta dietro. Si può avere, e se ne ha, tantissima simpatia per l’attivista sedicenne che ha un sogno nel cuore e ce la mette tutta per realizzarlo, coinvolgendo milioni di ragazzi come lei, e una volta tanto si può usare non a sproposito il termine “incredibile” per descrivere il movimento, la sua nascita e il suo andare avanti genuino. Per il figlio di genitori appartenuti a una tradizione movimentista, non ereditata per fatti storici e personali ma respirata fin da quando si è iniziato a balbettare, il riunirsi di molte teste, la discussione sul futuro, la vecchia politica del confrontarsi e organizzare il conflitto è un bene in sè, che non ha bisogno di giustificazioni.

In questo, tutto il solito rozzo armamentario sfoderato per denigrare non tanto le poche idee e confuse dei ragazzi, ma il fatto che si riuniscano al richiamo di una coetanea agguerrita, perde completamente di dignità e senso. Paragonare Greta alle ragazze della propaganda goebbelsiana non è altro che l’ennesima reductio ad hitlerum, e parlare di manipolazioni da parte di poteri forti, famiglie e Chtulhu di livello planetario non fa altro che ridurre queste critiche a una teoria del Gombloddo, che magari fa effetto sui social ma alla lunga fa restare agli annali solo la povertà mentale di chi ci ha creduto davvero.

Stando così le cose, è chiaro anche che in questo momento non si può dire una cosa meno che osannante su Greta e sui ragazzini senza essere accusati delle peggio cose. Senza arrivare al capolavoro per cui se critichi Greta hai dei problemi psicologici e dunque, immagino, da medicalizzare, qui c’è, come si diceva sopra, tutta una batteria di argomenti che potrebbero essere opposti al movimento ambientalista a cui viene risposto in modo emotivo con “Perché odi tanto Greta?”, come quando ai tempi delle guerre in Afghanistan e in Iraq c’erano americani che si chiedevano sinceramente affranti perché fossero così odiati dal resto del mondo. Qui però, invece che di fronte a una politica estera di uno stato, siamo di fronte a un movimento confuso su cui moltissimi stanno cercando di mettere il cappello, utilizzandolo per contrabbandare decrescita felice, moralismo facile, intromissioni e costrizioni etiche nella vita altrui e un certo gusto per il controllo delle nascite che, ovviamente, deve essere fatto a fin di bene per la salvaguardia della terra.

La chiave è questa, a fin di bene si chiedono di fare cose che non si capisce quale bene debbano assolvere, se quello della terra o quello di un disegno politico movimentista e anticapitalista per tigna prima ancora che per ragionamento. Per dire, il governo italiano negli ultimi giorni sembra lanciato con il suo Green New Deal, ma per molti sta usando il pretesto dell’ambiente per mettere nuove tasse e non toccare il deficit, a proposito del futuro dei nostri figli. Per non dire della spinta a usare di più i treni, che se fosse seguita davvero richiederebbe un tale investimento in linee ferroviarie, soprattutto al sud, che la Tav in confronto sembrerebbe una partitella a briscola e non credo che agli ambientalisti italiani la cosa andrebbe a genio, perché come si sa i treni veloci sono magnifici, ma in Giappone o qualsiasi altro posto in cui andiamo in vacanza.

Basta dire queste cose nello spazio stupido di un tweet per vedersi saltare fuori gente che non può davvero accettare una singola, minima critica, e parte con il riflesso condizionato peggio dei renziani quando gli tocchi l’idoletto: perché odi Greta? Perché non sopporti questi ragazzi di sedici anni? Come mai sei contro l’ambiente?

Succede quando si lotta sui principi, i massimi sistemi, e per i ragazzi è così, quando hai sedici venti anni non sai neanche la direzione che vuoi prendere e allora sperimenti, indossi un principio per vedere se ti piace e dove ti porta. Il problema nasce quando a ragionare solo sui principi sono gli adulti, quelli che dovrebbero utilizzare la loro conoscenza del mondo per dire guarda, possiamo anche tagliare le emissioni ma dovremo fare qualche compromesso, perché è pieno di gente che vuole uscire dalla povertà e ne ha diritto e non ci riusciremo senza energia, emissioni, trasformazione di materie prime, tecnologia. Invece a New York e in altre parti del mondo manifestano trentenni, quarantenni, cinquantenni che ripetono esattamente quello che dicono i loro figli, e non bisogna mai, mai, fidarsi di una persona che ha più di trent’anni e sa solo ribadire qualche posizione di principio. Vuol dire che non ha fatto la fatica per trovarsi dell’altro, e che all’inevitabile lavoro di trovare il proprio ruolo all’interno di un mondo reale ha preferito rimanere aggrappata agli unici principi che abbiano mai definito la sua identità. Gente rimasta schiava dei propri vent’anni.

Sono noiosi i ricordi dei reduci, ma io c’ero l’ultima volta che è successo, con il movimento no global e le grandi manifestazioni di piazza dei primi anni duemila a cui a dire il vero non partecipai, perché non mi sono mai piaciuti i greggi neanche se a fin di bene. Ma per un po’ ho bazzicato qualche riunione, ho letto i (pochi) testi di riferimento e ho studiato i testi di Marcos, e anche lì si era giovani pieni di principi, un altro mondo è possibile, contro le multinazionali e il loro potere, accompagnati da più che trentenni e da vecchi sessantottini a cui non pareva vero di poter tornare a ribadire quanto fossero dalla parte del giusto. Il risultato è che loro sono invecchiati lo stesso prendendo in ostaggio l’immaginario e la vita politica di un’intera generazione, e che quel movimento si è autodistrutto perché non ha saputo fare un compromesso con la realtà. Puntava talmente in alto, a suo dire, che si sbriciolò tra mille piccoli orticelli tutti con il proprio principio micragnoso da difendere a spada tratta dagli altri. Con momenti comici: “Parlo da attivista zapatista che ha svolto riflessioni sul nazionalismo palestinese, sono femminista intersezionale lesbica e vegana e vorrei argomentare su come chi ascolta musica jazz sia fondamentalmente un fascista”.

Se non sai andare oltre i principi misuri il mondo solo con quelli e non sai darti delle sfumature, esattamente quelle che crescendo invece impari a goderti e fanno di te un adulto.  Meno male che i ragazzi sono in piazza, e meno male che presto i loro zioni e genitori torneranno a casa a lavorare. Nel frattempo, c’è chi al cambiamento climatico ci pensa con la scienza e la politica e non cercando di angosciare un’intera civiltà con i propri sensi di colpa e i presagi apocalittici.

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