
Ho 39 anni. Sono sposato con una bellissima donna che mi ama e con cui abbiamo costruito qualcosa di nostro, un rapporto saldo. Contiamo su di noi a vicenda, siamo partner in crime. I miei genitori stanno bene, dopo aver passato qualche brutta avventura. Mi adorano, e io voglio bene a loro. Ho un fratello magnifico a cui sono molto legato. La mia famiglia è sempre molto affettuosa con me e si allarga, ora comprende anche i genitori di mia moglie e i suoi parenti.
Ho molti amici, alcuni ai quattro angoli della terra. Gli amici veri non sono tanti ma sono abbastanza fortunato da averne qualcuno. Gente che posso chiamare fratelli, gente che farebbe migliaia di chilometri per me – e in molti casi lo hanno fatto davvero. E anche chi non è così stretto a me, per un motivo o per un altro mi vuole bene. Ho delle persone che posso chiamare per ridere, per scherzare, per passare il tempo, per fare sport. Ho dei colleghi che mi stimano e che se hanno bisogno di qualcosa mi chiedono una mano.
A volte mi sento come se non riuscissi a essere all’altezza di tutto questo, e mi dispiace.
Ho scritto molto, nella mia vita, e continuo a scrivere. Ho due romanzi già scritti, con uno sono stato finalista a un importante premio di fantascienza, e uno in corso di realizzazione. Sceneggiature, soggetti, blog post: ho perso il conto. Tengo un diario da anni. Sono un giornalista, ho il tesserino e anche degli articoli che ho scritto e pubblicato ho perso il conto. Ho pubblicato dei saggi di sociologia, ho fatto il reporter, sono stato in posti pericolosi e bellissimi, ho cenato in posti esclusivi con gente importante e il giorno dopo mi sono infilato nelle fognature per intervistare degli operai clandestini: tutto grazie al mio lavoro.
Scrivere è la mia vita. Forse per questo mi sento sempre all’inizio. C’è sempre qualcosa da imparare.
Adoro studiare. L’altro mio grande passatempo è leggere. Senza limiti: romanzi di ogni tipo, dai classici ai moderni al genere; saggi di economia, di storia, di psicologia, di politica; libri di autoaiuto; fumetti; giornalismo. In qualsiasi momento mi si può trovare con qualcosa da leggere in mano, perché penso che la mia vita possa solo guadagnare in profondità, possa espandersi in superficie, leggendo. Leggere mi rende molto più ricco. Studiare rende la mia vita molto più grande.
Pratico il Brazilian jiu jitsu, un’arte marziale che ho scoperto quando avevo 35 anni. Prima ho praticato per 4 anni la Muay thai. Il Bjj non lo conoscevo ma mi ha preso in un modo che non credevo possibile, è difficile, duro, crescere è una sofferenza continua. Sono cintura bianca, e non mi alleno da due mesi perché le palestre sono chiuse per la quarantena. Prima di staccare sentivo di avere finalmente fatto scattare qualcosa: gli allenamenti erano ancora molto difficili, continuavo a faticare tantissimo e a prenderle dalle cinture superiori, eppure ero molto più sereno sul tatami.
La cosa più importante che mi hanno insegnato le arti marziali è senza dubbio questa: quando smetti di avere paura, allora iniziano a succedere le cose più belle.
In passato ho provato molti altri sport. Ho fatto nuoto per qualche anno, poi bicicletta. Molta corsa, molta ginnastica. Quando ero ragazzino, calcio e poi skateboard. Soprattutto lo skate mi è rimasto addosso, mi ha dato uno stile di vita e una mentalità che mi porto dietro tutt’ora, mi ha fatto capire che si può seguire un percorso alternativo con indipendenza, essere degli outsider.
Penso spesso al surf e alle immersioni subacquee. Ho messo piede su un surf a 37 anni e mi è piaciuto da subito, anche, e forse soprattutto, perché è tanto difficile quanto il Bjj, è faticoso e lento, ma quando prendi l’onda ti senti benissimo. Ho fatto delle immersioni, sono arrivato a 40 metri di fondo, mi sono infilato in relitti. Il mare ha il potere di riassettare tutte le mie percezioni, riesco a pensare solo a me e all’acqua intorno e a nient’altro.
Mi piacerebbe imparare ad andare a vela.
Il mio fisico sta bene. Mi piacerebbe regolare la mia dieta, avere più energia, fare ancora più esercizio.
La musica è la grande compagna della mia vita, forse pari alla scrittura. Suono uno strumento da quando ho 13 anni, ero diventato bravo e poi ho lasciato per molto tempo. Da un po’ ho ripreso a studiare la musica jazz, soprattutto gipsy jazz. Mi diverte, mi piace l’idea che un giorno potrò fare un concertino casalingo. Ma al suonare ho sempre affiancato l’ascolto. Non credo ci sia un genere musicale che non ascolto, e anche se non ho una cultura enciclopedica penso che la vita senza musica sarebbe molto buia. Dalla musica sono sempre stato ispirato, ho preso le mie decisioni, mi ha sempre suggerito la strada da prendere.
Poi nella mia vita ho fatto tantissime cose, sia per lavoro che per divertimento. Ho fatto il fotografo per cinque anni, un’esperienza che mi ha portato a visitare i posti più assurdi, a navigare in atlantico e passare Gibilterra, a studiare fisica nucleare negli acceleratori, a infilarmi alle sfilate di moda milanesi e a conoscere delle persone incredibili che ancora mi onorano della loro amicizia. Ho fatto l’impiegato in un’agenzia, il redattore di una rivista accademica, il traduttore, l’aiuto regista. Ho scritto poesie. Ho giocato a scacchi per anni, ho studiato l’opera di Stanley Kubrick. Ho imparato a fare dei cocktail. L’ultima mia grande passione è la magia con le carte, la sto studiando tutti i giorni, poco per volta.
Non ho mai imparato a cucinare in modo decente, ma chi lo sa cosa mi riservano i prossimi anni.
Parlo la lingua inglese molto bene. Penso sempre che mi piacerebbe impararne almeno un’altra.
Ho visitato due volte la Grecia, sono stato in Turchia con un camper, in Germania, in Polonia in autobus, in Libano del Sud con le forze armate italiane, ho vissuto in Canada, sono stato negli Stati Uniti, in Spagna, in Giappone, in Thailandia. Ho vissuto per tre anni alle isole Eolie, per sei anni a Bologna, per cinque a Milano, per sei a Palermo. L’Italia l’ho girata in lungo e in largo e devo ancora trovare un posto che non mi piace, ma ho un posto speciale nel cuore per il Trentino e per la Sardegna. Ci torno quando posso, almeno una volta all’anno.
Ho un piccolo tatuaggio sulla spalla, fatto quando ho intuito che stava per finire un periodo e che me ne volevo ricordare.
Ne vorrei fare un altro, più grande. Per segnalare un inizio.